5 gennaio 2011

THE LAST TO KNOWS - Seven men / Dig for the heart 7'' [2008]


THE LAST TO KNOWS - Seven men / Dig for the heart 7''


  1. Seven men
  2. Dig for the heart

Ho ricevuto questo bel vinile diversi mesi fa (ne avevo annunciato la recensione nel maggio scorso!), e già allora aveva più di un anno di vita - per la precisione a leggere ciò che vi è scritto quasi due anni, essendo stato registrato nel luglio 2008 -. Come se non bastasse, il sottoscritto ci ha messo del suo, congelando per mesi interi questa neonata webzine e svegliandosi solo con l'anno nuovo. Quindi oltre alle mille scuse che devo ai Last to Knows per questa recensione più che tardiva bisogna considerare che stiamo parlando di un lavoretto che ha già i suoi anni di vita e che a quanto so ha già un successore in un recente promo della band senese.
Un bel vinile, vi dicevo: 7 pollici per due tracce, pubblicato dalla Hey Baby it's a Secret Records, che fotografa due pezzi compatti e dalla matrice simile. La prima cosa che piace fin dall'attacco di Seven men è la spontaneità melodica, che porta a memorizzare subito i pezzi, magari a canticchiarli. L'orizzonte è quello della tradizione folk americana, e il limite posto sta tutto - e questo lo vediamo nel lato B Dig for the heart - entro la volontà di aumentare il numero di battiti per minuto, dove si forza il discorso nella direzione di un blues più veloce e quasi roccheggiante. Le influenze più prossime si collocano tra le parti di Gram Parson e Creedence Clearwater Revival, anche se il primo paragone che mi è venuto in mente - pur con le dovute proporzioni, ci mancherebbe! - è il Neil Young di On the Beach, in particolare quello che sentiamo in Walk On, che non nasconde l'oscurità delle liriche ma che tantomeno rinunucia a esprimere con freschezza la propria musica. Il connubio che ne esce, proprio come nel disco di Young, strizza un occhio malinconico allo spettatore, riuscendo a essere convincente soprattutto sotto l'aspetto emotivo: non a caso i testi raccontano storie cupe, che lasciano poco spazio al cambiamento, ma pur nel pessimismo di fondo ben si sposano con l'ariosità degli arrangiamenti, lasciandoci tutto sommato la bocca per nulla amara, anzi piacevolmente colpita. Tecnicamente è un piccolo lavoro ben fatto e ben presentato, dove tutte le componenti sono ben bilanciate e senza sbavature, partendo dall'aspetto compositivo fino al mixaggio. Non si può che apprezzare il risultato finale: la convinzione è che i Last to Knows sono una bella realtà che può piacere a molti, e io stesso mi chiedo perché non ho pubblicato mesi fa questa recensione... Complimenti!

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(karmapoliceman)

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