16 febbraio 2012

What's Up Boston?


"Pillola rossa o pillola blu?" Sembrava dire il poliziotto alla dogana. Sei sicura di volere la verità che posso offrirti? Si, alla grande, la voglio vedere questa America di cui tutti parlano, il sogno, la nuova terra promessa. Ed eccomi lì, carica di valige a prendere il primo taxi fino all’alberghetto trovato all’ultimo momento su internet. Il Jet Lag, quelle sei maledette ore indietro si fanno sentire come un macigno sugli occhi, passeranno solo una lunga settimana dopo, una settimana passata a svegliarmi alle 3, pensando fosse mattina inoltrata.
Cercare una casa a Boston, come studente si intende, è come una corsa ai saldi. Ogni giorno escono 10, 20 nuovi annunci di stanze in affitto, alcune decisamente troppo costose (700 euro per una stanza, ne vogliamo parlare?), altre decisamente troppo lontane dal centro (che poi in una città americana quale è il centro? Il Central Business District che riempie tanto la bocca? La via dei negozi alla moda? La maggiore concentrazione di StarBucks?). Ma poi come noi sogni la vedi la tua nuova casetta, bella, gialla e bianca, un piccolo portico … Ore 11.00: ispezione casa e coinquilini, la metà non li ho ancora mai visti, forse non esistono, l’altra metà sono o studenti di Harvard geniali oppure sono qui con una borsa di studio dall’Africa, l’India (come sentirsi piccoli piccoli insomma). Ore 13.00: lo stomaco brontola, via all’esplorazione del quartiere. Un paio di case più su e entro nella via più trafficata, afroamericani, cinesi, afroamericani, cinesi .. Un momento, sono l’unica bianca? Si, stupore totale mentre nelle cuffie un giovanissimo Axel mi canta Welcome to the jungle. Ore 13.30: trovo un market, 50% schifezze (e se dico che pure io ho avuto paura di mangiarle …), 30% bibite (acqua ce n’è per dio??), 20% gratta e vinci. Vivrò a barrette energetiche, lo sapevo. Ore 15.00: parto con l’ispezione del centro, un po’ di cultura presa dalla mia buonissima guida comprata giusto giusto prima di partire. Ed eccole, le mille facce dell’America, sulla metro (qui detta amorevolmente T) si parla tutte le lingue, inglese, spagnolo, portoghese, una lingua africana, lo studente di Harvard accanto al bianco stempiato, un po’ irlandese devo dire, un latino-americano in giacca e cravatta davanti ad un super fashion ragazza di colore. Pubblicità della Benetton sei una dilettante!! Boston poi è un sogno, un piccolo pezzetto di Europa, mattoni rossi, palazzoni ottocenteschi di un tempo che fu, attorno a enormi grattacieli che la soffocano, la comprimono, ma che la elevano sulle note di Harvard, della Berkeley school. Sembra la città delle mille possibilità, New York è vicina ma non troppo da sentirne i clacson e se arriva alla giusta ora nel quartiere italiano si vede le signore uscire da messa per andare a prendere l’espresso. Dice che proprio da Boston sia partita la lotta per l’Indipendenza Americana … Ore 20.00: la città comincia a svuotarsi, i negozi chiudono, e io devo andare verso casa. Il cuore è pesante lontano dall’Italia, ma in una città come questa nemmeno tanto.

Baci, Martina

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