Con qualche giorno di ritardo, la lettera F di Dalla A alla Z, il viaggio di uRadio attraverso la musica del 2011! Buona lettura e buon ascolto!
Looping State of Mind |
A due anni dall'uscita di Tarot Sport dei Fuck Buttons, capolavoro senza storie di una techno troppo assordante e noise per non risultare ultraterrena, ecco un altro volo nel blu: Looping State of Mind di The Field - al secolo Alex Willner, al terzo album -, sovraccarica la musica ambient e la rende un'arma impropria, superando il martellamento techno che aveva contraddistinto i primi lavori ma conservando la ripetitivita, qui esasperata. Un album eccessivo e programmatico già nel titolo: la forma del loop che si autorigenera all'infinito nelle sette lunghissime tracce diventa la sostanza di un discorso sul gusto, sull'amore per il suono e sull'incanto che ne deriva.
Un disco che suona come un rituale, una pratica iniziatica alla bellezza del rumore, più gentile del Tarot Sport di cui a inizio paragrafo, ma altrettanto significativo. Un'esperienza traghettatrice, che attraverso l'oceano sonico di The Field vi farà approdare in una terra che non credevate che esistesse, o almeno che non credevate che vi piacesse. Totalizzante, va dritto in un'ipotetica top 5 dell'anno, almeno per chi vi scrive.
Strobo Trip |
Quando si dice "esagerare". Noi abbiamo una stima smisurata per i Flaming Lips, ma come si dice a Siena, a 'sto giro hanno svinato, facendo passare la musica - psichedelia schizzatissima - in cavalleria: tirino là i tre ep in collaborazione con Neon Indian, Prefuse 73 e Lighting Bolt, tiri là il curioso progetto Two Blobs Fucking (per sentire il pezzo intero bisogna aprire 12 video di Youtube contemporanemente, qui il video con le loro istruzioni e i link per farlo, qui tutti i pezzi già mixati insieme se volete evitare che vi si impalli tutto), tirino là perfino i due strambi ep inseriti rispettivamente all'interno di un teschio gommoso rosa e in un feto gommoso rosa... ma gente, questi in un altro "ep" - Strobo Trip - hanno visto bene di infilarci un pezzo di 6 (sei) ore, per poi frantumare questo stesso record dando alle stampe la notte di Halloween 7 Skies H3, pezzo dalla durata di 24 (ventiquattro) ore (qua se vi volete accingere). Inutile dire che tutto ciò è inascoltabile per ovvi motivi - tra i quali avere una vita -, ma tanto per darvi l'ultima chicca: lo sapete come è stato distribuito quest'ultimo lavoro in edizione ultra-limitata di 13 copie a 5000 dollari ciascuna? All'interno di 13 teschi umani. No no, non di gomma rosa: teschi veri. Ve l'ho detto o no che hanno svinato?
Helplessness Blues |
L'omonimo dei Fleet Foxes fu la sorpresa dell'anno - la qualità media delle uscite del 2008 è stata bassina, ma quell'album avrebbe svettato anche se circondato da gioielli - e come è risaputo, riconfermarsi è quasi più difficile che affermarsi. Helplessness Blues è il tipico disco transitorio che aggiunge poco a ciò che già si sapeva me che viene accolto a braccia aperte perché comunque fautore di grandi canzoni quali Robin Pecknold sa scrivere. Folk sognante e portatore sano di buoni sentimenti, questa è la stessa ricetta del 2008, magistralmente realizzata attraverso dettagli e cesellature preziosissimi che costituiscono la vera ricchezza dei Fleet Foxes. Siamo innamorati di come suonano, e probabilmente promuoveremmo altri cento album identici a questo, ma l'intuito ci spinge a pensare che in futuro i Fleet Foxes ci stupiranno come tre anni fa.
Shake It Out |
Florence + the Machine, detta Fiorenza per gli amici, è tornata con la sua chioma scarlatta ma non ha più i fiori fra i capelli. Si è sollevata dalla distesa di boccioli, ha abbandonato l’atmosfera bucolica di Lungs ed è approdata a Cerimonials con una title track, Shake It Out che parla di amori seppelliti come cavalli morti e demoni che lacerano la carne o meglio, un’emotività incarnata. Il primo singolo, What the Water Gave Me gli fa da contraltare con un’atmosfera meno inquieta ma con quell’andamento da rituale esoterico che imperversa in tutto l’album. Del resto lo ha confessato anche alla famosissima rivista NME: le arti occulte affascinano molto la nostra Florence. Ma, a parte il travaso spirituale che emerge evidentemente anche dai titoli (Seven Devils, Leave my Body), la prestazione vocale di Florence sembra uscirne un po’ appannata, in mezzo a tutti questi cori stile seduta spiritica e sospiri. E la sua voce, schietta, pura e libera, si sente meno rispetto a Cosmic Love, per fare un titolo noto da Lungs (voglio ancora il vestito che indossa nel video). E, quello che potremmo chiamare volgarmente “ritmo”? Il battimani di Dogs Days are Over? Dove è finita quell’atmosfera da corsa da batticuore di Kiss With a Fist (una manciata di minuti “a tutto foco” rispetto alla lungaggine media dei brani di Cerimonials). Si dice che quando si parte per un viaggio non bisogna parlare del luogo da cui si è partiti. Eppure mi sembra inevitabile in questo caso, quando il nuovo approdo non compete con le sponde abbandonate. Però non voglio unirmi al coro dei detrattori che addirittura la declassano al pop e la mettono in guardia da Adele. Non si è superata, ma sta tracciando un percorso di maturazione. Non si è ripetuta, nel bene e nel male, a differenza di tanti altri. E’ stata coraggiosa. Voglio vedere questo album come una tappa intermedia verso un approdo più saldo.
(per questo contributo si ringrazia sentitamente Vì!)
Wasting Light |
Questo qua, insieme a quello nel paragrafetto che seguirà, è un disco che tiene alta la bandiera del rock, e quasi non ce l'aspettavamo più. Nel caso di Wasting Light dei Foo Fighters finalmente vediamo la band di Grohl scrollarsi di dosso i ninnoli da gruppo da stadio che era diventata - continuerà a esserlo, ma almeno un pochina di dignità l'ha riguadagnata -, per diventare un'altra band, più precisamente i Queens of the Stone Age: i debiti di questo album nei confronti della band di Josh Homme sono tanto palesi quanto consistenti, Wasting Light per quanto ne sappiamo potrebbe quasi averlo scritto lui. Alla luce del fatto che Grohl e soci erano ormai da anni nel limbo dell'inascoltabilità questa sferzata fresca ci piace alquanto e ci fa implorare il cielo di farli diventare - per sempre però - come i Queens of the Stone Age, ché nel fare i Foo Fighters, alla lunga, hanno toppato.
Musica rovinata |
I Fratelli Calafuria li avevamo sottovalutati e bollati come "cagata pazzesca" (cit.) ai tempi di Senza Titolo. In attesa dei futuri sviluppi della loro carriera ci dobbiamo ricredere: Musica rovinata è un disco pieno di idee su cosa fare della impantanatissima musica rock, che qua viene tirata fuori dalle sabbie mobili grazie a un processo tanto di destrutturazione noise o synth, quanto talvolta di "rovinamento" vero e proprio - bastano 20 secondi di Ilfattodeicdincantati per farvi capire che intendo -. Ma tutti sti giochetti non sono fini a se stessi in un album in cui si parla di nastri, cd, pezzi da suonare, giradischi, radio. Meta-musica? Forse, anche se lo diciamo sottovoce per non voler esagerare. Fatto sta che questo disco è anche un ragionamento sul come suonare la musica, sul come fruirne, sul cantare. Un bell'esperimento, tanto più se fatto in ambito italiano, avaro di sorprese del genere.
Ah, dimenticavo: 'sto disco, inoltre, spacca i culi.
Pala |
Proprio nell'ultimo post, alla lettera D, avevamo parlato del carino ma non esaltante lavoro dei Does It Offend You, Yeah?, sostenendo che non vediamo in loro alcun futuro Ecco, per i Friendly Fires la storia è diversa: Pala, loro secondo lavoro tranquillamente inseribile sotto il tag "nu rave" al pari di Rapture e Klaxons, è un ottima prova che non si limita a cavalcare l'onda del genere, ma ne sperimenta delle varianti. Viene azzerata la violenza punk che la fa da padrona nello stile dei DIOYY? e ci si rifugia piuttosto in riferimenti più smaccatamente pop, a partire dai Cut Copy (qui il post alla fine del quale parliamo di loro), fino alla chill wave, ai Justice o addirittura alle tendenze più voga negli Ottanta (i Duran Duran!). Il risultato è variopinto come la copertina, un turbinio di luci stroboscopiche e faretti colorati che ti chiede solo di ballare. Noi balliamo alla grande e non di meno riteniamo i Friendly Fires una band più che futuribile per i prossimi anni.
E anche la F l'abbiamo fatta! Il prossimo appuntamento, manco a dirlo, è con la lettera G! A presto!
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