27 novembre 2011

D, prima parte - Dalla A alla Z, un vocabolario per il 2011


Altra puntata di Dalla A alla Z, il viaggio di uRadio attraverso la musica del 2011! Dal momento che alla lettera D c'erano diverse cose, oggi ve ne mandiamo una prima parte. Oggi parliamo di tormentoni ma anche di ricorrenze, di qualche ritorno sulle scene e di una collaborazione molto proficua... Buona lettura a buon ascolto!



Moves Like Jagger
Danza Kuduro (& Co.)

Ebbene sì, ci sono anche loro, i tormentoni. Come avrete notato da questi primi appuntamenti con l'alfabeto del 2011 l'approccio che seguiamo è prettamente qualitativo, basato sulle proposte sonore di quest'annata, piuttosto che quantitativo, relativo alle vendite e al numero di ascolti. Se però vogliamo fare un discorso che abbia la pretesa di parlare di un argomento nella sua globalità allora no, proprio non possiamo esimerci dall'accennare alle melodie che ci hanno trapanato le orecchie durante il corso dell'anno. In questo caso il vincitore l'abbiamo già: Danza Kuduro di Don Omar e Lucenzo (che nella mia ignoranza ignoro chi siano) è stata la canzone dell'estate per eccellenza, malgrado abbia trovato "degno" rivale in Mr. Saxobeat di Alexandra Stan.
Indietro di un bel po', ecco che francamente si perde il conto delle produzioni di David Guetta e Bob Sinclair, affiancati a questo giro dall'amichetto Martin Solveig che, per quanto Hello sia datata 2010, ha totalizzato una quantità mostruosa di ascolti. Ricordiamo poi, nel calderone, il definitivo sdoganamento in chiave dance dei Maroon 5, che con la rediviva Christina Aguilera sfornano Moves Like Jagger, tutt'ora ampiamente sulla cresta dell'onda. In Italia Jovanotti ormai fa quello che gli pare, potrebbe incidere un ep di sintetizzatori e scoregge campionate benissimo e venderebbe lo stesso: Il più grande spettacolo dopo il Big Bang e La notte dei desideri fanno sfaceli, appena sfiorati dal ritorno di Tiziano Ferro - La differenza tra me e te - che già ora vediamo infilare un filotto di singoli da trentatremilardi di copie. Significativo, comico e desolante è il fatto che, a ben vedere, i Coldplay (qui il Dalla A alla Z dove ci sono anche loro, qui la nostra recensione di Mylo Xyloto) ormai puntano alle stesse platee di tutti questi signori qua sopra, piazzando bene sia Every Teardrop is a Waterfall che - soprattutto - Para(culo)dise. Meditate, gente. Meditate.







Rome
Danger Mouse & Daniele Luppi

C'erano una volta due musicisti produttori, Danger Mouse - che aveva collaborato con gente del calibro di Gorillaz, The Black Keys, Beck e The Rapture - e Daniele Luppi - compositore di colonne sonore, grande estimatore di Ennio Morricone con alle spalle collaborazioni con John Legend e Mike Patton -. I due avevano già lavorato insieme nei dietro le quinte degli album di Gnarls Barkley e Sparklehorse, e visto che si erano trovati bene decisero di incidere un disco. Siccome quel disco doveva essere un gran disco chiamarono per cantarlo delle grandi voci come quelle di Norah Jones e di Jack White, e siccome quel disco doveva essere anche un omaggio alla grande scuola musical-cinematografica italiana decisero di registrarlo a Roma e di battezzarlo, guarda un po', Rome. Quello che ne uscì fuori fu un lavoro raffinatissimo, un'incontro tra l'oscurità sognante dei Black Heart Procession e la maestria di Morricone che non disdegnava a tratti di suonare compiaciutamente retro, se non perfino lounge. Ma malgrado Rome si basasse su presupposti "vecchi" il risultato finale non suonava affatto polveroso: era anzi piacevole e fresco, un disco non solo adatto come colonna sonora di un aperitivo o di un film, ma anche come viatico per una passeggiata immaginaria in una Roma idilliaca che non c'è, ma che un sacco di volte è stata dipinta così. E fu così, un po' con i piedi per terra e un po' nell'illusione, che Danger Mouse e Daniele Luppi ci fecero vivere felici e contenti, almeno fino alla fine dell'album.






Trans-Love Energies
Death in Vegas

Dire, dopo una pausa di sette anni, che ai Death in Vegas bisogna dare tempo è effettivamente chiedere molto in quanto il dare loro fiducia potrebbe essere un azzardo. Quello che era l'interessantissimo progetto di Richard Fearless è sparito del tutto di scena dopo un paio di dischi fulminanti e un paio deludenti. Stavamo per chiamare Chi l'ha visto ed ecco che esce Trans-Love Energies: un disco macchinoso e poco chiaro che non dissipa alcuno dei dubbi che avevamo sulla crisi di questo progetto che rischia di rimanere un fuoco di paglia. Ciononostante, qualcosa scorre ancora sottopelle, si percepiscono barlumi del bello stile eclettico - ed elettrico - e senza troppi argini che caratterizzava la prima produzione dei Death in Vegas, sentiamo il tentativo di dilatare il pop all'inverosimile per portarlo vicino al kraut. Questo disco è veramente poca cosa, escluso qualche spunto, e la domanda di poco fa quindi è più che lecita: perché dare ulteriore fiducia ai Death in Vegas? Io gliela do, perché ci credo ancora, ma è una scommessa quotata mooooolto alta.






The King is Dead
The Decemberists

Sarò breve. I The Decemberists sono una band che semplicemente non potete ignorare: sottovalutatissimi dal grande pubblico, questi qua sfornano album di qualità disarmante in quantità disarmante e con una continuità disarmante. Se provate ad ascoltarli, ci ritroverete dentro folk rock in salsa pop, la terza via tra i R.E.M. e i Neutral Milk Hotel. Tenderanno a raddrizzarvi le giornate, a mettervi di buon umore, a incuriosirvi nei confronti di un tipo di musica che anche chi scrive tende spesso a dimenticare, perché lontana dai suoi interessi, perché poco proiettata "al futuro". Perché vi piaceranno? Perché in The King is Dead non ci sono né autorefenzialità né mestieranza, solo bei pezzi e tanta passione. Quindi, ricapitolando: folk per tutte le stagioni, scrittura di grandissima qualità, stanchezza zero. Fidatevi!






Io tra di noi
Dente

A distanza di due anni dall'album che lo ha portato al successo, l'attesa è tanta e spasmodica da parte dei fans del cantautore di Fidenza per il nuovo album, che esce a ottobre del 2011 con il titolo di Io tra di noi.
 Ed anticipato dal singolo Saldati, l'attesa non è delusa, gli elementi di continuità nell'album sono il tema dell'amore, soprattutto malinconico, condito dalla sua proverbiale ironia e giochi di parole. 
Di nuovo c'è un Dente più maturo (ostentata, magari non ha caso, dal suo nuovo look: capelli ancor più lunghi e barba folta) che attinge a piene mani a Lucio Battisti, soprattutto al Battisti di Anima Latina, l'esempio più eclatante di questa influenza è il brano conclusivo Rette Parallele. 
Ma facciamoci raccontare un po' l'album da chi lo conosce meglio, Dente, che presenta in questo video tre dei suoi nuovi brani e tra una pausa e l'altra ci racconta Io tra di noi.

(per questo contributo si ringrazia sentitamente Boda!)






Vespertine
Dieci anni fa...

Dieci anni fa iniziavano gli anni '00: il 2000 di fatto non era stato che la chiusura strascicata degli anni Novanta, ed era culminato negli stravolgimenti di XTRMNTR dei Primal Scream e di Kid A dei Radiohead, che avevano fatto tabula rasa di tutto ciò che c'era nella musica pop contemporanea. La storia degli anni '00 in un certo senso è la storia del rialzarsi da quella botta immane di inizio decennio, aggravata dalle vicende storiche che tra 11 settembre, guerre varie e crisi economica hanno segnato negativamente il flusso delle cose. Ecco che quindi il 2001 è un anno di accenni, di proposte forse un po' balbettanti e timide ma che a loro modo daranno il la alle tendenze degli anni a venire: abbiamo il fondamentale Is this It dei The Strokes, l'omonimo dei Gorillaz, Melody A.M. dei Röyksopp e White Blood Cells dei The White Stripes che hanno in sé tutti gli embrioni della nuova musica; c'è il miracoloso - visti poi i tristi esiti successivi - Origin of Symmetry dei Muse; i dignitosissimi Reveal ed Exciter, rispettivamente di mostri sacri quali R.E.M. e Depeche Mode. E mentre le classifiche sono dominate da Kylie Minogue con Fever, Blink 182 con Take Off Your Pants & Jacket e dai Linkin Park che certificano il massimo momento di successo di sempre del nu metal (Hybrid Theory però vive di un'onda lunga: è del 2000), ecco che i nomi grossi piazzano i colpi più significativi: Björk dà vita alla perla Vespertine, i Radiohead fanno il bis con l'oscuro Amnesiac. Unico analogo, per importanza a venire, in un'Italietta sospesa tra i Raf, gli Alex Britti e le ultime vergogne degli 883 è Solo un grande sasso dei Verdena, autentico capolavoro di una scena alternative italiana che - nessuno lo sapeva - stava per andare in crisi.






Per oggi è tutto, nel prossimo post concluderemo la lettera D e faremo anche la E! Continuate a leggerci e a farci sapere se c'è qualche gruppo che secondo voi dovremmo trattare! A presto!
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